domenica 11 giugno 2017

Martedì 13/6: CENA DI SOTTOSCRIZIONE per il Fronte di Lotta No Austerity



MARTEDI' 13 GIUGNO ORE 20.00
AL FONDO COMUNISTA

CENA DI SOTTOSCRIZIONE

Per le spese di preparazione della 
Seconda Conferenza Nazionale
(Firenze, 17 / 18 giugno)

EURO 10

Menù:

Crostini misti 
Pasta al pesto di cavolo nero
Scamerita con fagioli
Dolci a sorpresa


Al FONDO COMUNISTA
Via di Rocca Tedalda 277 
(dietro l'Ufficio Postale)
Capolinea Bus 14 via Ripa
Stazione FS Rovezzano (treno da FI-SMN ore 19.22)
Per informazioni:
mail: fondocomunistafirenze@gmail.com
telefono: 338 - 8619029


sabato 10 giugno 2017

Ottave in rima per Lorenzo Bargellini detto "Mao"




Se 'un tu ci avevi casa e manco i'lesso
C'era Lorenzo che lui ci pensava,
E 'un ve lo dico, ma succedeva spesso
Che lui per tutti si mobilitava.
La testa no non ce l'aveva rasa,
E lo chiamavan Mao o i' Capellone,
E lui co' i' Movimento per la Casa
Era dovunqu' 'e c'era la tensione.

Se c'era una famiglia disfrattata,
Oppur se c'era una occupazione,
Correva sì con l'aria trafelata
A battagliar per quella situazione.
Co' i' motorino e colla cannottiera,
Oppure colla tuta militare,
Dei senza casa era la bandiera,
L'amico ed il compagno tuttofare.

Lottava da quand'era ragazzino,
Nella Firenze degli annisettanta,
Già co' capelli lunghi e piccolino
E allora la violenza gli era tanta.
Ma lui non si lasciò mai impressionare
Da cariche e dai brutti manganelli,
E per decenni ha avuto a seguitare,
Credeva lui in un mondo di fratelli.

Non c'erano stranieri e né italiani
Ma solo i proletari e gli oppressi,
Con quella grande faccia e colle mani
Contro quelli ch'eran sempre gli stessi.
Palazzinari e speculatori,
Gli sfruttatori in giacca e cravatta,
Le banche e tutti quanti lorsignori
Che non ti lascian manco una ciabatta.

Lui unn'era pe' la “casa agli italiani”,
Come que' fascistacci che c'è ora,
La casa gli è pe' tutti e anche i' domani
E que' nazisti vada alla malora.
Lo odiavano anche quelli d'i' Comune,
I' sindaco piddino e gli assessori,
E lui faceva a i' tiro alla fune
Coi poliziotti e gli sgomberatori.

Firenze bella e Firenze dannata,
Ridotta a una vetrina per i ricchi,
Firenze espulsa e già sgomberata
A suon di sbirri e cariche e di picchi.
I' Ponte Vecchio dato a' miliardari,
La gente massacrata dagli affitti,
Consorterie di palazzinari,
Nababbi indiani in Palazzo Pitti.

Firenze in mano a questi manìaci
Che sgomberan persino i bambini,
Come per i' giardino de' Nidìaci
Svenduto a una banda d'assassini.
Firenze co' massoni e “La NAZI-one”,
Firenze, àrtro che “Angeli del Bello”,
Ché i' solo angelo a lor disposizione
E gliè ma l'angelo d'i' manganello.

Lottava ancor Lorenzo Bargellini,
Quando l'ha colto una morte sì gretta.
Ci s'è rimasti come de' cretini
Alla notizia vile e maladetta.
Ciaveva poco più cinquantott'anni,
Passati a reclamà' casa e diritti,
A fa' a' signori sempre de' gran danni
E a occupare i palazzi sfitti.

Ed or ch'è morto ci hanno pur provato
A fàgni i “coccodrilli” e i lagrimoni,
Gl' ipocriti renziani e i' padronato,
Giornali di regime e istituzioni.
E ci han provato a fàgni i “ricordi”,
Però noi 'un ci si sogna di cascàcci,
A que' tromboni rimaniamo sordi,
'Un ciàbbino nemmen da riprovàcci.

Lo abbiamo accompagnato in tremila
Da San Marco infino a Santacroce,
Tutta un'altra Firenze che ora sfila
Con una sola anima e una voce.
Accompagnato sotto la calura,
Tremila che gridavan sotto i' sole,
Trecento o poco più pe' la Questura
Che 'un sa contà, oppure proprio 'un póle.

Nipote gli era lui d'i' Bargellini,
I' sindaho detto “dell' Alluvione”,
Lui prese un'altra strada, e co' tapini
Lottò tutta una vita a profusione.
E noi continueremo la su' lotta
Senza paura e né compromissione,
A accompagnallo 'e s'era una frotta,
E sì gni s'è rifatta un'alluvione!

Lorenzo Bargellini ci ha insegnato
A non chinare i' capo a' potenti,
E tutti noi ormai 'e s'è imparato:
Non trattative ma càrci ne' denti.
Concludo con il dir che della sorte
s'illustra ognora il curioso fatto:
'E lo chiamavan “Mao” ed in sua morte
Trovato, udite, fu proprio da i' Gatto.

Non è pe' di' facezie o bischerate,
Ma gliè segno di una continuazione,
Gliè segno d'un futuro e non mollate
La lotta pe' cambià la situazione.
Sembra di rivedèllo ancora in piazza,
Ché queste sono storie mai finite,
In mezzo alla gente che s'incazza,
Ché i gatti ci hanno sempre sette vite.

domenica 4 giugno 2017

Mao


E' morto Lorenzo Bargellini. Lottava, da sempre, per il diritto alla casa. Non aveva italiani e non aveva stranieri. Aveva una classe. Aveva proletari.

E' morto stamani di prima estate. E' morto dopo una vita passata a reclamare diritti, e a reclamarli mica con la "legalità" di lorsignori, anche se di una legalità più profonda e non corrispondente a quella delle ciance e delle malefatte del capitalismo istituzionale avebbe potuto dar dure e chiare lezioni.

E' morto persino con gli ultimi oltraggi. Quello di vedersi coccodrillare a dovere da roba tipo "Repubblica", con tanto di "una vita passata a difendere gli ultimi" quando il medesimo giornale passa la vita a difendere i primi. Oppure quello di vedersi, come informa scrupolosamente sempre il medesimo fogliaccio di regime, piombare in casa la polizia persino da morto d'infarto. Cioè, se si muore d'un colpo secco da Lorenzo Bargellini, eccoti in casa gli sbirri perché non si sa mai. Ci avranno avuto paura di un ultimo sfratto o di un'ultima occupazione, chissà.

Siccome le vite dei Lorenzi Bargellini sono spese bene, bisognerebbe continuarla. Bisognerebbe pigliarla in mano tutti quanti, questa lotta per la casa. Bisognerebbe cominciare, per esempio, a sgomberare in via definitiva tanta gente, tipo padroni, speculatori, consorterie, palazzinari, gruppi d'affari. Bisognerebbe spazzare via il vero "degrado", cosa che Lorenzo Bargellini ha ostinatamente perseguito per tutta la sua vita, pagandola spesso cara proprio a cura di chi oggi gli decreta il ricordino di prammatica con il quale sarebbe doveroso pulirsi il culo.

Proprio mentre le politiche abitative dei comuni-lager alla Minniti, proprio mentre i peggiori fascisti ci giocano sopra con sempre maggiore successo, arriva un infarto poliziottato e repubblicato a togliere di mezzo Lorenzo Bargellini. Ci possiamo piangere sopra per la perdita di un compagno e di un amico, ma non dobbiamo piangerci sopra per continuare la lotta senza paura. Che da un Bargellini ne nascano, e ne siano già nati, altri cinquemila.

Lo chiamavano "Mao", il Bargellini, che era nipote di quel Piero Bargellini, scrittore, che aveva fatto il sindaco democristiano di Firenze nel periodo dell'alluvione. Constringendo tutti a pensare, a causa del suo agire, che era assai migliore degli attuali quaqquaraqquà con velleità di ridicoli sceriffi sempre al servizio del sor padrone.

Lo chiamavano "Mao", e allora, per ricordarlo, non ci abbiamo messo la sua faccia, che tutti conoscevano, da antico guerriero inca, con le botte e le ferite di cinquantanove anni di battaglie. Ci abbiamo messo un paio di gatti neri su un tetto, ché dai tetti si vede tutto quel che succede e si difende meglio quel che viene preso, occupato, conquistato alla facciaccia loro.

Due gatti che fanno "mao". Uno che passa e uno che viene. Mao sì, mao e unghie, mao e graffi, mao e eleganza, mao e un diavolo che fa paura. Questo vi aspetta. Questo Lorenzo Bargellini ha miagolato di brutto.